"Le sette parole di Maria"(I.R.I.S edizioni) di Francesco Terrone
- Autore: Francesco Terrone
- Titolo: Le sette parole di Maria
- Casa editrice: I.R.I.S. Edizioni
(Recensione edita nel Bimestrale "Le Muse"-Ottobre 2020: Direttrice Maria Teresa Liuzzo, Vicedirettore Davide Borruto)
Le sette parole di Maria di Francesco Terrone
(a cura di Sabrina Santamaria)
Versi che bramano un amore autentico dai segreti anfratti dell’infinito non sono consuetudine di chi scrive, l’incommensurabile è meta degli eletti che si abbandonano alle loro elegiache o prosastiche elucubrazioni. Le pagine della letteratura contemporanea sono stracolme di espressioni ripetute, consuete e stereotipate, le poesie, spesso, sono carenti di sentimenti ed emozioni e i lettori rimangono con un senso di vuoto anche, subito dopo, essersi accostati. Il poeta Francesco Terrone cerca di scrivere testi carichi di contenuti e valori; egli si spinge ben oltre il mondo sensibile e la carnalità infatti l’ottundimento morale generato dal peso del nostro Io e del nostro corpo dovrebbe, quanto meno, trovare ostacoli, ma, in tantissime circostanze, l’immoralità pullula fra gli esseri umani. Il nostro autore, per certi versi, mediante la storia di Maria si discosta mentalmente dalle cattiverie di questo mondo, d’altro canto, però la magnificenza della beatitudine della Vergine potrebbe essere un mezzo di redenzione per l’umanità sempre più corrotta, d’altronde Maria è la prescelta da Dio perché è una donna pura, umile, mansueta e ubbidiente; le virtù di Maria madre di Gesù, sono l’esempio per antonomasia, soprattutto perché dimostrano che Dio Padre nei suoi infallibili disegni sceglie sempre uomini retti, mai stolti. Nella silloge “Le sette parole di Maria” il poeta tesse i suoi versi improntandoli sul miracolo più potente di tutti, ovvero quello della salvezza eterna dell’uomo attraverso la Crocifissione del Cristo, è come se l’autore raccontasse la grandezza del verbo che si è fatto carne come un sogno o una visione e il nostro allieta, così, i cuori dei lettori i quali, spesso, sono facili prede della morsa lacerante della frivolezza e pochezza di idee. Maria è protagonista della silloge tuttavia nell’ordito della trama ella non è la “Santa Vergine immacolata”, Terrone non la definisce neanche “Madre” bensì “mamma” dandole un epiteto che le conferisce un appellativo di donna quindi l’imprescindibile umanità di Maria non viene trascurata o messa in secondo piano; questa scelta comporta una presa di responsabilità non solo da parte dell’autore, ma, innanzitutto, dei lettori, giacché l’umanità di Maria dovrebbe farci riflettere che in quanto donna era sottoposta alle nostre stesse passioni dunque, alla sua stessa stregua, noi potremmo anelare alla purezza. Il titolo riprende la numerologia dantesca, noi sappiamo che il tre è il numero della trinità, è rappresenta la santità e Dante più volte nei suoi sonetti o nella Divina Commedia infatti il numero nove, in quanto multiplo del tre, è presente in molti elaborati danteschi; nel caso del nostro poeta il sette è l’aggettivo numerale cardinale che esemplifica al meglio gli attributi di Maria, come le virtù umane, tre sono teologali e quattro cardinali, tanto è vero che Terrone coglie i momenti esatti racchiusi nel Nuovo Testamento in cui Ella ha saputo dimostrare le sue virtù pronunciando delle frasi accorate e ripiene di ardore per l’opera di Dio e per il Suo progetto di salvezza. La trascendenza di Francesco Terrone è tangibile, il poeta è come un vaso che prende forma grazie al vasaio, egli desidera essere argilla affinché sia modellato dal Padre Eterno; egli non vuole affatto perdere la Fede in Cristo, unica ragione che, ancora, lo rende vivo e libero, in numerose poesie prevale in modo copioso il dolore, la sofferenza non solo personale, il suo pathos emotivo si frantuma in impercettibili frammenti, il poeta è consapevole dell’enorme sfracello morale in cui l’uomo si sta imbattendo senza una via di fuga lontano da ogni barlume di pentimento la creatura umana non si convince di peccato e appare sempre più disinteressata all’amore divino mentre la corruzione avanza e l'uomo non accettando la sua miserabile condizione non si umilia al Redentore implorando il Suo perdono. Di fronte a questa umanità debole e dall’animo pusillanime la poetica di Francesco Terrone si erge come un grido possente, una luce che si scaglia contro le tenebre. In questa notte disadorna di stelle al candore di una solitaria luna l’uomo può riscoprire i valori più autentici del vivere? Chi insegnerà l’amore? Lo dimostrò Gesù Cristo in croce e lo strazio lacerato e lacerante del nostro poeta non ne è immemore.
Sabrina Santamaria
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