"L'alcova tra le pietre"(Vitale Edizioni, 2019) di Aldo Sisto
- Autore: Aldo Sisto
- Titolo: L'alcova tra le pietre
- Casa editrice: Vitale Edizioni
(Recensione edita nel Bimestrale internazionale "Le Muse"-numero maggio/giugno 2021- Direttrice Maria Teresa Liuzzo- Vicedirettore Davide Borruto)
(a cura di Sabrina Santamaria)
La “collana di perle” bergsoniana non si è incastonata nella mente del nostro poeta Aldo Sisto in quanto secondo il succitato filosofo un girocollo di perle uguali rappresenterebbe in senso metaforico il tempo cronologico scandito solo dagli orologi. Gli attimi eterni rimembrano la beltà di ricordi presenti nelle espressioni del poeta e nella sua memoria riaffiorano vestendo l’effige di una sacralità empirea innanzi, anche, allo sguardo investigativo dei lettori. Il poeta Aldo Sisto percepisce in fondo all’animo suo i “Tintinni a invisibili porte che forse non s’aprono più?”( poesia “L’assiuolo” di Giovanni Pascoli), forse il verso onomatopeico del “chiù” pascoliano riemerge e rivive nel suo nostalgico tormento? Nella raccolta poetica “L’alcova tra le pietre”(Vitale Edizioni,2019) non appaiono i versi dell’assiuolo, ma, sicuramente, è tangibile un richiamo ad alcuni aspetti del decadentismo italiano soprattutto per ciò che concerne la caducità e il simbolismo pascoliani. Il simbolismo trae il suo ordito poetico dalle similitudini floreali e con la fauna, elementi intellegibili che ispirano l’autore Aldo Sisto a forgiare una trasparente metafisica accarezzata dai sensi. Le “corrispondenze con la natura” baudelairiane si riscontrano pienamente nella poetica malinconica del nostro Aldo Sisto; già il titolo “L’alcova tra le pietre” cita un minerale ossia la pietra tuttavia essa è un elemento della natura che si trova per terra e non mostra in sé e per sé né grazia né maestosità allora ci verrebbe spontaneo chiederci secondo quale espediente letterario la pietra potrebbe essere soggetto e oggetto di ispirazione? In questo breve viaggio dentro l’itinerario dell’anima sua la pietra ha una consistenza dura, non è duttile dunque permane nel tempo costituendo una similitudine con i sentimenti del poeta. Le pietre si trovano per terra, nella sabbia o fra i nostri piedi perciò non esprimono nobiltà e basandosi su questa chiave di lettura vi sono analogie con “Myricae”, una delle principali opere pascoliane. Le tamerici, come ci diede a intendere uno dei due grandi decadentisti italiani, sono piante basse perciò i versi pascoliani ebbero come essenza le piccole cose oggetto di meraviglia cosicché, pure, le pietre che circondano l’alcova sistiana di questi componimenti maturi conducono i lettori ai reconditi anfratti ancorati a una pleonastica storia di momenti vissuti. L’alcova è la metafora dell’intimità profonda quindi di un amore viscerale e accostarla alle pietre(che ci suggeriscono l’dea di scomodità) potrebbe risultare ossimorico tuttavia sta a indicare i sentimenti che resistono perfino alle difficoltà che la vita ci presenta e racchiude l’unione imprescindibile di un amore che esiste e si nutre della durezza dei tempi rei oppure di una memento amorosa nascente tra sassi e rovi spinosi: “T’amai perdutamente t’amai i baci sciolti nella tua saliva in quell’alcova tra le pietre.(…) Cessa il miracolo e l’alcova tra le pietre resta lì nello squallor dei sassi percossi ancora dal vento”.( L’alcova tra le pietre pag 4). Alcuni versi si avvicinano ai canti leopardiani infatti l’autore esprime il suo rammarico per le illusioni che affollano i pensieri e la sorte arcigna relega l’uomo a un mesto vivere(per Leopardi era la natura matrigna) la ricerca di significato spicca fra i vari enjambement, nei testi la ragione è l’architrave dove si reggono le sue riflessioni: “ Ahi facile felicità che non rendi felice, illudi e non paghi. Odesi l’uomo urlare di gioia. Odesi l’uomo urlar di dolore. La gioia fu sogno, il dolore fu realtà.” (Quale felicità, pag 6)
Sabrina Santamaria
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