Immergermi fra le onde sinuose della letteratura mi porta all’apice sublime del mio sentire. Dare spazio agli autori attraverso i miei articoli mi conduce a scrutare orizzonti ove il banale occhio umano delinea solo confini. I libri aprono le porte alle particelle invisibili della fantasia e della creatività…
Superare ogni limite autoimposto è sicuramente la ricetta per migliorarsi e avere fiducia nelle proprie capacità e abilità. L’autostima si acquisisce col trascorrere del tempo e grazie alle esperienze che noi maturiamo aumentando il bagaglio del nostro background personale. A volte conversando con gli altri nessuno ci ammetterà di essere razzista o di avere pregiudizi; tutti si mostreranno aperti alla diversità e al cambiamento, ma la storia di Mohamed, soprannominato Momo, ci dimostra tutt’altro, ci dà la possibilità di tastare che i pregiudizi e il razzismo ancora predominano nella nostra società apparentemente multiculturale e globalizzata. Il sentimento sbocciato tra Raissa e Momo è la dimostrazione che l’essere umano è un’unica specie, Cavalli Sforza già da decenni ha dimostrato scientificamente che le razze non esistono infatti il concetto di “razza” è un costrutto culturale. Questi giovani si dilettano nel raccontarsi e ci fanno comprendere che i pregiudizi e gli stereotipi creano nelle menti delle distorsioni cognitive che ci inducono a generalizzare e farci credere che la realtà sia banale e semplice tanto da poterla analizzare in un attimo come bere in un bicchier d’acqua. Noi occidentali, anche inconsapevolmente, abbiamo delle idee inconsce sulla cultura musulmana che si sono formate tramite i messaggi che ripetutamente ci è capitato di ascoltare in TV e nei social, spesso abbiamo messo sullo stesso piano i Pilastri islamici e il terrorismo senza valutare, invece, l'estremismo spinge solo alla violenza e alla guerra, non equivale affatto all’Islamismo, anche a proposito del preconcetto relativo al maschilismo associandolo al mondo orientale; in realtà non ci rendiamo conto quanto ancora nei nostri stessi discorsi “occidentali” prevalgano pesanti discriminazioni sessiste, omofobe e razziste. Questo romanzo mi ha indotta a tantissime riflessioni di natura sociale, politica e filosofica pensando alle vite dei nostri protagonisti mi è giunta l’immagine del mito dell’Androgino di Platone in cui ogni uomo cercava la sua metà sparsa per il pianeta ebbene Momo e Raissa erano il cielo notturno senza stelle. Un tramonto può rimanere mai ignudo dell’estate? Essi scandagliavano nella loro esistenza quella metà che li completasse, che li facesse sentire unici l’uno per l’altra. Il titolo “Di mondi diversi e anime affini”(DeAgostini Edizioni) è molto diretto appunto per trasmettere ai lettori quanto la diversità possa essere la chiave di volta per ritrovarsi nella similare personalità che si incontra nei meandri di un battito d’eternità. Le vicende vissute da Momo sono il collante che attirano l’attenzione di chi legge, ammiro moltissimo la scelta dei suoi genitori di partire(nonostante suo padre sia preside di una scuola in Marocco e sua madre sia una maestra) per dare maggiori possibilità alla sorellina Souki, una bimba sveglia, però mal vista solo perché ha la sindrome di Down. Mohamed è un ragazzino che frequentando la scuola e altre attività come il calcio patisce razzismo, bullismo, solitudine e ogni forma di discriminazione tanto da sognare di voler essere bianco e con gli occhi azzurri; solo col trascorrere degli anni il nostro protagonista acquisirà sicurezza e consapevolezza nelle sue capacità anche di fronte allo scredito altrui tanto è che gli insulti subiti sono molto pesanti e offensivi come se essere nato in un altro continente e avere il colore della pelle più scura o appartenere ad altri ceppi religiosi fossero una colpa. Altresì Raissa ricerca il baricentro della sua verità intrinseca, ella non sapeva scegliere in modo consapevole per il suo futuro, è un personaggio apparentemente sicuro di sé, ma molto vulnerabile e instabile; percepisce nel suo cuore un ammanco, la sua infanzia è stata felice e anche la sua adolescenza non è stata turbolenta come quella di Momo, ma non riesce a trovare un appagamento completo, è come se le mancasse la linfa che la faccia sentire davvero viva e piena di energia. Nel quartiere di Torino dove lei vive essere marocchini equivale a essere delinquenti persino i suoi genitori seguono queste traiettorie cognitive che poi rivedranno successivamente all’incontro con Momo. Viaggiano tantissimo e la voglia di scoprire nuovi usi e costumi rispecchia la velleità di attraversare i porti dei mari burrascosi l’uno dell’altra. La loro testimonianza mi ha ricordato Jacques Maritain e sua moglie Raissa, non solo per l’omonimia con la figura femminile, soprattutto per quanto concerne i loro vissuti simili, la coppia succitata sarebbe arrivata al suicidio se non avesse scoperto ideali di vita diversi rispetto alle correnti accademiche a loro contemporanee. I nostri personaggi per varie vicissitudini sono costretti a scappare da un’eutanasia esistenziale imperante in un mondo dai toni violenti e malvagi tuttavia i loro attuali video aiutano molte persone a emergere e ad armarsi di coraggio per affrontare le battaglie che il quotidiano ci riserva, il loro altruismo e ironia sicuramente ci lasciano un segno positivo che possa schiudere lo scenario di nuovi orizzonti.
Dopo il meritatissimo successo di "E...adesso parlo!"(A.g.a.r editrice) della nostra Direttrice Maria Teresa Liuzzo avremo, finalmente, modo di leggere "Non dirmi che ho amato il vento!", già a partire dal titolo deduciamo che si tratta di un romanzo avvincente profondo e ricco di un pathos che ci trasmette nostalgia, malinconia, ma anche bramosia di valori autentici, gli stessi che oggi ricerchiamo come acqua pura e fresca affinché ci dissetino in questa epoca caratterizzata da un'ubiquità che rende ogni aspetto della nostra vita virtuale che diviene preponderante ancora di più a causa della pandemia che ha cambiato la nostra quotidianità e i nostri rapporti sociali. Complimenti alla nostra Dottoressa Maria Teresa Liuzzo la quale ci donerà perle di saggezza che rimarranno eterne nella mente dell'uomo di ieri, di oggi e di domani.
Buona sera carissimi autori, artisti e bookblogger!
Sono felicissima di proporvi l'imminente pubblicazione del romanzo autobiografico "Scusami ma continuo a sognare"(Armando Siciliano Editore) della giovanissima e talentuosa Desirée Ferraro. L'autrice è una teenager molto promettente che potrebbe continuare a stupirci! Speriamo che questo romanzo sia il primo di un cammino letterario ricco di soddisfazioni quindi ad maiora a questo candido bocciolo. La presentazione di questo coinvolgente romanzo autobiografico si terrà il 13 marzo alle ore 18:00-19:00 potrete seguirci in diretta su facebook. Interverranno: Danilo Lo Giudice, Annalisa Miano, il professore Giuseppe Corica, la professoressa Francesca Spadaro, l'autrice, l'Editore e, piacevolmente, anche io relazionerò. Questa pubblicazione vi sorprenderà. Non mancate!
Firmacopie- ore 17:00-18:00- Villa Ragno- Santa Teresa di Riva- ore 19:00- 19:45
(recensione edita nel Bimestrale "Le Muse"- Direttrice Maria Teresa Liuzzo-Vicedirettore Davide Borruto)
(a cura di Sabrina Santamaria)
L’esigenza di confidarsi è una caratteristica insita nel genoma umano; ogni uomo, ogni donna in un determinato periodo della propria vita avverte il bisogno psicologico di dialogare, non solo con l’alter ego presente nella propria mente, ma, soprattutto, con l’altro infatti l’alterità non deve essere sempre assimilata necessariamente a un’entità eterogenea e totalmente scissa da noi; paradossalmente, tante volte, gli altri sono lo specchio in cui la nostra immagine si riflette. In base alle riflessioni succitate ci verrebbe spontaneo chiederci: “Dobbiamo temere il giudizio o l’opinione altrui?”. Sulla base di queste costatazioni, allora, il solipsismo dell’Io o il nichilismo potrebbero essere il farmaco guaritore della contemporaneità?
Il romanzo “La rinascita di Ginevra” di Jennifer Gerbi capovolge questa prospettiva che pare si voglia ergere prepotentemente nella nostra mente. Un romanzo molto autobiografico in cui l’autrice, la protagonista e la voce narrante coincidono all’unisono, fra le pagine del libro i lettori assisteranno in estemporanea agli altalenanti stati d’animo di Ginevra, una donna molto riflessiva e istintiva al tempo stesso, coraggiosa e caparbia; il suo spirito libero è un soldato che combatte le lotte interiori dell’esistenza tanto è vero che in molte sequenze narrative non mancano cenni che si riferiscono alla tempra interiore della nostra protagonista. La trama è incentrata sul conflitto interiore vissuto da Ginevra, la quale ha vissuto una crisi e in quel periodo delicato conosce, su un social network, Mirco, un uomo generoso e misterioso che stimola l’immaginazione e la fantasia della nostra eroina contemporanea. Quest’ultima riesce a risalire la china scendendo nei meandri più lambiti del suo inconscio, dallo scavo interiore il lettore si percepirà nell’habitus di uno psicanalista. “La rinascita di Ginevra” si annovera, come genere letterario, fra alcuni classici del novecento come “La coscienza di Zeno”, l’ “Ulisse” di James Joyce, “Il Fu Mattia Pascal” di Luigi Pirandello; grandi capolavori in cui i personaggi giacciono nella morsa dei ruoli preconfezionati e in quelle vesti troppo strette e scomode tentano di cambiare la loro identità quindi, anche, la nostra Ginevra auspica di vivere incondizionatamente la tragicommedia che ella stessa ha ideato nei suoi irrinunciabili sogni.
Grandi aspettative spiano alla porta del cuore di questa donna la quale da bruco si trasforma in farfalla e nuove consapevolezze fungeranno da medaglia d’onore e finalmente ella attraversa il suo Rubicone esistenziale e, come ebbe a dire l’imperatore Giulio Cesare, quando il dado sarà tratto la protagonista aprirà le porte alla sua crescita socio-culturale e sentimentale(il piccolo Manuel e il marito Mario sono degli ottimi espedienti affinché la trama risulti avvincente). Con naturalezza e arguzia d’ingegno l’autrice Jennifer Gerbi cattura l’interesse di un ampio target di lettori in quanto il suo romanzo coinvolge la sensibilità di ogni persona a prescindere dalle differenze di età e di genere, fra l’altro il talento di questa scrittrice è ben tangibile nella sua fatica letteraria volta a superare anche la fantomatica “barriera” dei “diversi ceti culturali” perché a raccontare la storia è una giovane che deciderà di frequentare un’accademia professionale diventando una specialista del make-up. La motivazione e l’empatia sono i due motori propulsori che accendono la curiosità e l’interesse di chiunque voglia adornarsi delle perle di saggezza ben custodite in questa vicenda narrata in cui ognuno potrebbe ritrovare un millesimo frammento di se stesso e in guisa di questa identificazione con l’altro(compresa Ginevra) possiamo con onestà intellettuale affermare, in parte, che l’esperienza di questa giovane intraprendente risiede indomita nella coscienza di tutti noi.
Il mondo interiore altrui è sempre un campo minato tracciato da una serie di labirinti contorti in cui non si trova una via d’uscita perché, in fondo, sforzarsi di giungere a una “via di scampo” è impossibile se, ormai, siamo entrati in empatia con la sensibilità che alberga nel cuore di un essere vivente; ciò accade, a maggior ragione, se ci apprestiamo a un libro, scritto per lo più da un autore che conosciamo di persona o sui social, avvertiremo sicuramente una responsabilità verso quest’ultimo, noi comprendiamo che quella persona ci sta regalando un frammento di se stesso e noi questi doni li conserviamo con cura per il loro valore inestimabile. Ho avvertito immediatamente di aver varcato una sfera “sacra” quando mi sono accostata a “L’età dell’insicurezza- L’amore supera le barriere” di Gabriella Midili, un’autrice che ha una grande determinazione e ambizione tanto è vero che mi ha esternato con vera passione la sua velleità a crescere letterariamente, ella è colei che brama pedissequamente quel salto di qualità, ovviamente col nostro talento possiamo continuare a crescere affinché ognuno di noi si evolva mediante le esperienze che sono il frutto del nostro impegno costante. Il romanzo di Gabriella Midili è, sicuramente, un flatus vocis di anime che all’unisono creano una sinfonia asincrona(per metà dell’opera) e perfettamente armoniosa alla fine della vicenda che non segue un ordine logico e cronologico infatti sono molteplici i flashback, le prolessi e le analessi nel testo; questi espedienti letterari fanno da corollario a una fatica letteraria “sudata”, “sofferta” e “satura” di emozioni.
L'età dell'insicurezza di Gabriella Midili
“L’età dell’insicurezza” è un mosaico costituito da tantissimi pezzi apparentemente scissi fra loro, però vi è un arcano, un punto cruciale in cui i lettori troveranno la chiave di lettura del romanzo. L’autrice e la voce narrante coincidono, il romanzo è anche autobiografico quindi la nostra scrittrice decide senza riserve di confidarsi con colui il quale deciderà di sfogliare le pagine del suo libro, forse solo per curiosità, la sua fiducia verso il probabile sconosciuto che la leggerà non ha confini e nemmeno barriere. Questo romanzo, fra l’altro, lo possiamo inquadrare sotto diverse chiavi interpretative e per certi aspetti mi è sembrato che si avvicinasse al genere giallo, ma in questo caso a investigare è il lettore il quale deve svelare il mistero dell’anima dell’autrice, un mistero fitto e intrigato, nemmeno la psicanalisi avrebbe trovato delle risposte razionali al suo caso, forse accettando che la sua storia è un enigma riusciamo a stabilire il fatidico patto narrativo con Gabriella Midili. L’originalità dell’opera risiede nel contatto, quasi tangibile, che la protagonista dei fatti raccontati, ha con la quarta dimensione; il suo anelito spira all’invisibile, al “paranormale” infatti si tratta di porgere l’occhio e l’orecchio a entità che non sono visibili all’occhio umano, come gli angeli custodi. Colei che narra crede nella voce interiore che la guida a compiere azioni sagge e virtuose che può essere intesa in una duplice veste o come coscienza che conferisce nuova linfa oppure come il Daimon o entità angelica che le sussurra sospiri ineffabili; è colui il quale la nostra chiama Maestro a divenire la contro-voce, quasi l’aiutante fiabesco direi o l’architrave portante delle nuove consapevolezze di Gabri(vezzeggiativo di Gabriella). Il romanzo si regge su tre pilastri ove alla base troviamo la protagonista e il Maestro e al vertice un personaggio di cui non farò menzione perché è la pietra miliare e sarebbe uno spoiler, colui sul quale si sorregge la trama introspettiva di questa storia che oltrepassa ogni confine possibile e immaginabile, chissà il mondo in cui viviamo noi forse è solo uno dei mondi possibili? Spetta a noi scoprirlo, intanto ci delizieremo leggendo “L’età dell’insicurezza” di Gabriella Midili. Sabrina Santamaria