"Paesaggi dell'anima"(Edizioni il Fiorino, 2014) di Teresina Giuliana Pavan
- Autore: Teresina Giuliana Pavan
- Titolo: Paesaggi dell'anima
- Casa editrice: Edizioni il Fiorino
(Recensione edita nel Bimestrale "Le Muse"-Direttrice Maria Teresa Liuzzo- Vicedirettore Davide Borruto)
(a cura di Sabrina Santamaria)
Incidere dei versi su un foglio bianco, in tantissime circostanze, può giovare a rielaborare e metabolizzare la sofferenza che si racchiude in ognuno di noi. I patimenti sono un triste corollario, ma mediante il lume e la creatività, elementi che contraddistinguono gli artisti, sono sublimati e si trasformano in un forgiato pathos. L’anima dei poeti brama un catartico verseggiare che accarezza i candidi picchi esistenziali, in cui attimi che sanno di eternità scalano la vetta di una travagliata pace: “(…) Paesaggi dell’anima in cui ritrovo il destarsi del sorriso spento, luoghi della memoria nell’incanto delicato di cromatiche variazioni di vita.”(poesia Ritratto del mio paese, pag 7).
La poetessa Teresina Giuliana Pavan in “Paesaggi dell’anima”(Edizioni Il Fiorino, 2014) mette a nudo la sua vocazione di ricucire i sottili fili della sua memoria infantile e adolescenziale mediante il suo ritornar alla memoria il telaio esistenziale ripara l’ordito che sembra sgualcito da un’epoca moderna che entra in collisione con il suo ritmo naturale ben lungi dall’ubiquità odierna. Alcuni paesaggi della sua terra natia Bosaro, in provincia di Rovigo, coadiuvano a introdurre il lettore nel mondo interiore della poetessa. L’empatia effonde un melodioso afflato tanto è vero che i lettori si immedesimeranno nei racconti in versi che rendono sommesso e solenne il suo stile poetico infatti in questa silloge il vessillo e le vestigia del passato ammantano di una rinnovata autenticità anche il presente: “(…) nel riflusso del tempo come rugiada al prato, come seme al campo torna quella strana magia che la mia bocca ha bevuto e a te mi ha legata per l’eternità.”( poesia A Bosaro, pag 8)
In “Paesaggi dell’anima” avvertiamo un profondo panenteismo e la nostra autrice Teresina Giuliana Pavan rivendica e trascende la metafisica stessa e in alcuni rilievi paesaggistici ciò che possiamo dedurre è l’immanenza di Dio Padre che è nella natura da Egli stesso creata e la trascende. La concezione della nostra autrice è matura tuttavia non risente mai di senilità e non è arcaica o obsoleta, ma si rigenera secondo la reminiscenza platonica di un “panta rei” eracliteo talché il suo “tornar ai sempiterni calli” petrarchesco ha l’effigie di un’evoluzione, i paesaggi di Rovigo non rimangono tali e quali nei suoi componimenti dunque addentrandoci nei mitici accadimenti noteremo dei mutamenti in stretta relazione al sentire della poetessa. Una velata nostalgia è la corolla che impreziosisce l’arcana velleità di avvenimenti tinteggianti da pennellate cangianti e talora fosche al pari della “polvere” e il secondo dopoguerra che traumatizzò i bambini e i giovani del secolo scorso. La malinconia risiede nei versi di questa silloge fregiando con un piacevole tepore questo capolavoro letterario in cui nello sfondo di questa empirea universalità ritroviamo scolpiti gli affetti più cari come la solerte e apprensiva madre e l’eterna gioia raggiunta dal padre. L’afflato sussurra il train d’union fra gli istanti del presente e i momenti esperiti che sono cornice del suggestivo passato cosicché dopo la frattura dualistica fra la memoria e la speranza, dovuta ad alcuni ricordi che potrebbero ottundere l’anima umana, vi è un punto di incontro, ossia una pietra angolare rappresentata dalla fede che fanno attraccare Teresina Giuliana Pavan a una nuova oasi d’armonia. Dopo una spasmodica ricerca di significato indagata fra i meandri più reconditi dell’Io si districano grovigli esistenziali attraverso i frequenti Daimon paesaggistici di questa fatica letteraria che travalica, perfino, i limiti o le distanze generazionali.
Sabrina Santamaria
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